vitamina D sistema immunitario

Vitamina D e difese immunitarie: evidenze cliniche 

La vitamina D è stata tradizionalmente considerata un nutriente essenziale per il metabolismo osseo e l’omeostasi del calcio. Tuttavia, la ricerca degli ultimi due decenni ha rivelato che la vitamina D funziona come un vero e proprio ormone secosteroide con recettori (VDR, vitamin D receptor) espressi in molteplici tessuti, incluse praticamente tutte le cellule del sistema immunitario innato e adattativo.

Questa ubiquitaria distribuzione dei recettori ha spostato il paradigma scientifico, trasformando la vitamina D da semplice regolatore del metabolismo minerale a modulatore pleiotropico di funzioni fisiologiche, incluse la regolazione dell’espressione genica, la proliferazione cellulare, la differenziazione tissutale e, criticamente, la risposta immunitaria. Il metabolita biologicamente attivo, 1,25-diidrossivitamina D₃ [calcitriolo], esercita le sue funzioni legandosi al VDR, che forma eterodimeri con il recettore X dei retinoidi (RXR) e regola la trascrizione di centinaia di geni contenenti elementi di risposta alla vitamina D (VDRE) nei loro promotori.

Nonostante l’ampia letteratura osservazionale che associa livelli adeguati di 25-idrossivitamina D [25(OH)D] a minore incidenza di infezioni respiratorie acute, malattie autoimmuni e complicanze infiammatorie, l’efficacia dell’integrazione sulla prevenzione delle infezioni e su outcome clinici specifici resta oggetto di intenso dibattito scientifico, con evidenze recenti che presentano risultati apparentemente contrastanti.

Meccanismi molecolari dell’azione immunomodulatrice

La vitamina D esercita effetti complessi e multilivello sul sistema immunitario, agendo sia sull’immunità innata (prima linea di difesa aspecifica) sia sull’immunità adattativa (risposta specifica mediata da linfociti).

Immunità innata: potenziamento delle difese antimicrobiche

Induzione di peptidi antimicrobici

Uno dei meccanismi meglio caratterizzati riguarda la regolazione trascrizionale di peptidi antimicrobici endogeni, in particolare:

  • Catelicidina (LL-37): questo peptide ha attività antimicrobica ad ampio spettro contro batteri gram-positivi e gram-negativi, funghi e virus con envelope lipidico. Il gene della catelicidina (CAMP) contiene VDRE funzionali nel suo promotore, rendendo la sua espressione direttamente dipendente dai livelli di vitamina D. La catelicidina viene espressa in monociti, macrofagi, neutrofili e cellule epiteliali respiratorie, dove contribuisce alla clearance di patogeni respiratori
  • β-defensine: famiglia di peptidi cationici con attività antimicrobica e chemiotattica, anch’essi regolati dalla vitamina D

L’induzione di questi peptidi rappresenta un meccanismo attraverso cui la vitamina D può potenziare la capacità dell’organismo di rispondere rapidamente a infezioni, particolarmente a livello delle mucose respiratorie e del tratto gastrointestinale.

Modulazione della funzione dei fagociti

La vitamina D influenza l’attività di monociti, macrofagi e neutrofili attraverso diversi meccanismi:

  • Chemotassi e migrazione: il calcitriolo potenzia la chemotassi dei monociti verso siti di infezione
  • Fagocitosi: aumenta l’efficienza della fagocitosi e della digestione intracellulare dei patogeni
  • Autofagia: stimola processi autofagici che contribuiscono all’eliminazione di batteri intracellulari, incluso Mycobacterium tuberculosis
  • Produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS): modula la produzione di ROS necessari per l’uccisione intracellulare dei patogeni

Cellule natural killer (NK)

Le cellule NK esprimono VDR e la loro attività citotossica contro cellule infette o trasformate può essere modulata dalla vitamina D. Studi in vitro hanno dimostrato che il calcitriolo può influenzare la produzione di citochine da parte delle cellule NK, inclusi IFN-γ e TNF-α.

Immunità adattativa: equilibrio tra effetto e regolazione

Linfociti T helper: modulazione Th1/Th2/Th17

La vitamina D esercita effetti complessi sulla differenziazione e funzione dei linfociti T CD4+ helper:

  • Soppressione della risposta Th1: riduce la produzione di citochine pro-infiammatorie come IFN-γ, IL-2 e TNF-α
  • Modulazione della risposta Th17: inibisce la differenziazione verso fenotipo Th17, riducendo la produzione di IL-17, citochina coinvolta in patologie autoimmuni e infiammazione cronica
  • Possibile shift verso Th2: alcuni studi suggeriscono una promozione del fenotipo Th2 con produzione di citochine anti-infiammatorie come IL-4, IL-5 e IL-10

Induzione di linfociti T regolatori (Treg)

Uno degli effetti immunomodulatori più significativi della vitamina D è la promozione della differenziazione e dell’espansione di cellule T regolatorie CD4+CD25+FoxP3+. Queste cellule sono essenziali per:

  • Mantenimento della tolleranza immunitaria verso autoantigeni
  • Prevenzione di risposte immunitarie eccessive
  • Modulazione dell’infiammazione cronica
  • Controllo della risposta a patogeni per prevenire immunopatologia

L’induzione di Treg rappresenta un meccanismo chiave attraverso cui la vitamina D può esercitare effetti protettivi contro malattie autoimmuni (artrite reumatoide, sclerosi multipla, diabete tipo 1, malattie infiammatorie intestinali).

Linfociti B e produzione anticorpale

La vitamina D può influenzare:

  • Proliferazione e differenziazione dei linfociti B
  • Produzione di immunoglobuline, con alcuni studi che suggeriscono una riduzione della produzione di anticorpi in presenza di elevate concentrazioni di calcitriolo
  • Differenziazione delle plasmacellule

Cellule dendritiche: orchestratori della risposta adattativa

Le cellule dendritiche (DC) sono cellule presentanti l’antigene professionali che fanno da ponte tra immunità innata e adattativa. La vitamina D:

  • Inibisce la maturazione delle DC, mantenendole in stato semi-maturo con ridotta capacità di stimolare risposte T effettrici
  • Riduce l’espressione di molecole co-stimolatorie (CD40, CD80, CD86) e MHC di classe II
  • Modula la produzione di citochine dalle DC, riducendo IL-12 (promotore Th1) e aumentando IL-10 (anti-infiammatoria)
  • Promuove un fenotipo DC tolerogenico che favorisce la generazione di Treg

Effetti globali: bilancio tra protezione e tolleranza

L’insieme di questi meccanismi suggerisce che la vitamina D agisce come un regolatore fine dell’equilibrio immunitario, potenziando le difese antimicrobiche innate (catelicidina, macrofagi) ma temperando risposte adattative potenzialmente dannose (Th1, Th17) e promuovendo meccanismi regolatori (Treg, DC tolerogeniche).

Questo profilo immunomodulatorio bilaterale spiega perché la vitamina D possa:

  • Ridurre la suscettibilità alle infezioni (via potenziamento dell’immunità innata)
  • Proteggere da autoimmunità (via promozione di tolleranza e Treg)
  • Limitare l’immunopatologia eccessiva in risposta a infezioni (via effetti anti-infiammatori)

Evidenze osservazionali

Numerosi studi osservazionali (caso-controllo, coorte prospettica, trasversali) hanno documentato associazioni inverse tra livelli sierici di 25(OH)D e vari outcome infettivi e autoimmuni:

Infezioni respiratorie acute

  • Bambini e adulti con livelli più bassi di vitamina D mostrano maggiore incidenza di infezioni del tratto respiratorio superiore e inferiore
  • Associazioni particolarmente forti in popolazioni con carenza severa (<20 ng/mL o <50 nmol/L)
  • Stagionalità delle infezioni respiratorie che correla con fluttuazioni stagionali dei livelli di vitamina D

Tubercolosi

  • Forte associazione tra carenza di vitamina D e suscettibilità alla tubercolosi attiva
  • Meccanismi plausibili attraverso ridotta autofagia dei macrofagi e ridotta produzione di catelicidina

COVID-19

  • Durante la pandemia, molteplici studi osservazionali hanno suggerito associazioni tra carenza di vitamina D e maggiore rischio di infezione, severità e mortalità da COVID-19
  • Meccanismi ipotizzati: modulazione della tempesta citochinica, protezione endoteliale, regolazione del sistema renina-angiotensina

Malattie autoimmuni

  • Sclerosi multipla: incidenza maggiore a latitudini elevate con minore esposizione solare; livelli più bassi di vitamina D in pazienti con SM
  • Diabete tipo 1: studi prospettici su neonati suggeriscono effetto protettivo della supplementazione infantile
  • Artrite reumatoide: livelli più bassi associati a maggiore attività di malattia
  • Malattie infiammatorie intestinali: carenza comune e associata a maggiore attività infiammatoria

Vitamina D e risposta vaccinale

Un’area di ricerca emergente riguarda il possibile ruolo della vitamina D nell’ottimizzazione della risposta immunitaria ai vaccini:

  • Alcuni studi hanno suggerito che lo stato di vitamina D può influenzare la produzione anticorpale post-vaccinale
  • Meccanismi plausibili: modulazione dell’attività delle cellule B e dell’interazione T-B necessaria per risposte anticorpali robuste
  • Evidenze preliminari ma non conclusive per vaccini influenzali, pneumococcici e COVID-19
  • Ulteriori studi randomizzati sono necessari per stabilire se la correzione della carenza prima della vaccinazione migliora l’immunogenicità

Conclusioni

Questi risultati forniscono evidenze di effetti biologici significativi della supplementazione anche in popolazioni con livelli basali non deficitari, suggerendo benefici che vanno oltre la semplice prevenzione delle infezioni acute e si estendono a processi fondamentali come l’infiammazione sistemica e l’invecchiamento cellulare.

Un comunicato stampa del National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI) del 2025 ha evidenziato questi risultati, sottolineando che “gli integratori di vitamina D possono rallentare l’invecchiamento cellulare”.

Per i professionisti della salute, l’approccio pragmatico consiste nel valutare lo stato di vitamina D in pazienti a rischio, correggere le carenze documentate con protocolli appropriati, e considerare la supplementazione come parte di una strategia multimodale per ottimizzare la salute immunitaria e il benessere generale, piuttosto che come intervento isolato per la prevenzione delle infezioni.

Fonti:

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